Don Sand Don Juan
Il Teatro dell'Affronto presenta Don Sand Don Juan.
Cerimonia teatrale in cui la celebre autrice-seduttrice francese George Sand immagina di identificarsi con il mito di tutte le seduzioni, Don Giovanni. Cerimonia di Enrico Groppali con Francesca Benedetti e la partecipazione dell'autore. Musiche Dario Arcidiacono. Messinscena Salvo Bitonti. Spettacolo presentato al Teatro Studio Champs-Elysee per il Festival Les Italiens Parigi Ed.2003.
Progetto il Mito e il Mare
Il Teatro dell'Affronto presenta Progetto il Mito e il Mare.
Spettacolo - recital dedicato al mare e al significato inconscio dell'acqua nel sogno e nel mito. Con Mita Medici in "L'acqua, i sogni" di Ugo Ronfani dall'opera di Gaston Bachelard, "L'eau et le rêves". A cura di Salvo Bitonti. Al pianoforte Rossella Celebrini
Sem&Cam
II Teatro d'Almaviva presenta Sem&Cam.
Sem&Cam (dentro, quando fuori piove) è uno spettacolo segnalato per la Drammaturgia al concorso "Il debutto di Amleto", a cura di ETI/Teatro della Pergola, Teatrino dei fondi, Regione Toscana.
In una notte di pioggia due uomini, Cam ex-cameriere motociclista, e Sem poeta nomade, s'incontrano per caso. Cam per prendere possesso di un'inattesa eredità (un ex-cabaret chiuso da anni) che spera far risorgere, Sem che vi entra solo per riparare dal temporale il proprio poetico pessimismo. Subito i due si contrappongono, per istintiva diffidenza e per le differenze culturali che li separano, ma quando son costretti a passar la notte insieme nell'ex-cabaret per la rottura della serratura della porta, la coesistenza coatta li obbliga a relazionarsi.
L'iniziale diffidenza prima esplode nello scontro, poi si evolve in confronto, pur contrapposto, e via via in dialogo ed infine in incontro, mentre fuori la vita pulsa lampeggia e tuona. ...Dentro, quando fuori piove...Con l'andar della notte ognuno si esprimerà sempre un po' di più, svelando a sé ed all'altro aspetti egoici, intolleranti, aggressivi, ma anche teneri, comici, saggi, malinconici, giocosi, fino a trasformare l'iniziale costrizione in occasione d'allegria e perfino di festa, finché all'improvviso....
Lo spettacolo scorre su ritmi veloci, in atmosfere d'ironia surreale ed evocativa; con varie sorprese e trovate sceniche. Il tema "incontro/scontro/confronto con sé e con l'altro non-affine" vuol esser esplorato con profondità leggera che ritragga i personaggi, ed i loro diversi modi d'affrontare la vita, attraverso gli atteggiamenti "minori", le maschere che ognuno di noi mette credendo di rendere più efficace il proprio vivere, o forse solo perché non conosciamo che quelle.
Così Cam cameriere e Sem poeta nomade divengono campioni "difettosi" di un'umanità guardinga e sospettosa, ansiosa di sopravvivere imponendosi o nascondendosi, ma anche in cerca di ideali ed obiettivi, bisognosa di condividere e di allearsi, di ricordare e di provare a sorridere. Un contrattempo casuale (la rottura della serratura) obbliga alla vicinanza due persone che istintivamente si eviterebbero. L'impossibilità ad allontanarsi crea le condizioni per avvicinarsi, e dietro le facciate spuntano a poco a poco gli aspetti più segreti.
Ognuno di noi è un po' Cam ed un po' Sem, e per questo ci auguriamo che essi possano essere guardati con la malizia dell'ironia e l'affetto dell'immedesimazione, in questa carrellata sulle piccole e grandi "vedettes" del nostro "Cabaret" interiore.
Testo e regia di Duccio Barlucchi. Con Fulvio Ferrati e Duccio Barlucchi e la partecipazione di Enrico Dabizzi. Consulenza coreografica: Marta Martini. Audio ed effetti: Studio 99. Scene: l'Atelier. Spettacolo segnalato per la Drammaturgia al concorso "Il debutto di Amleto", a cura di ETI/Teatro della Pergola, Teatrino dei fondi, Regione Toscana.
Diario di un pazzo
II Teatro d'Almaviva presenta Diario di un pazzo, in collaborazione con Cooperativa sociale S. Pietro a Sollicciano di Firenze e Corte dei Miracoli, ex O.P., Siena, di Nikolaj V. Gogol.
Approfondire per comprendere, per conoscere. Sviluppare un tema, in questo caso il disagio di vivere e la Follia, entrare in contatto, per coglierne l'attualità, in noi stessi, negli altri, nella realtà che ci circonda.
Il progetto del regista Paolo Biribò si è sviluppato in un laboratorio con gli attori della Compagnia Teatro d'Almaviva, teso alla definizione della follia, tema e tematica quanto mai contemporanea. Il percorso è stato poi finalizzato all'allestimento teatrale di "Diario di un Pazzo" di N.V. Gogol'.
Il presupposto da cui ha preso forma il lavoro è stato di attivare negli attori una ricerca personale sulla tematica, attraverso un percorso interiore di contatto con parti del sè non razionali, un viaggio attraverso la scoperta di ciò che in ognuno di noi è libero, che non ha controllo, e che non è elaborato dalla coscienza stessa. Follia quindi, intesa come rifugio in una realtà che non è tale, che è falsata ed a volte consolatoria del nostro sentirsi inadeguati.
Il testo di Gogol', dunque, come esempio. Un'opera strutturata in un lungo monologo, che mostra le tante facce della follia, vissute come una crescente sensazione di estraneità, di diversità, che si manifesta in un corsa veloce verso un mondo slegato, astratto, fittizio e protettivo.
Tra i diversi aspetti di questa mente che si perde nella sua personale "assenza di tempo" ne sono rappresentati alcuni tra i più salienti, affidati a tre attori che nel corso della rappresentazione si compensano, si mescolano e si allontanano, come le diverse parti di un Io diviso.
Al loro fianco le voci delle paure, delle angosce, delle forze interiori del protagonista, sono affidate ad attrici che ne disegnano i tratti come dittatori inconsci, che lo spingono all'allontanamento dalla realtà, verso un mondo di illusioni e di nuove identificazioni, alla ricerca di attimi di gratificazione. La messa in scena è scarna, nuda, così come a nudo si mette il personaggio.
Vi è un'esplicita volontà di evidenziare le fasi attraverso cui arriva a perdersi. L'operazione vorrebbe inoltre focalizzare l'attenzione sull'importanza di avvicinarsi ed imparare a convivere con le diversità, sottolineando che nessuna di queste, pur supposta tale, è così lontana dalle esistenze cosiddette "normali", ed anzi, il mettersi a confronto con tematiche comuni può anche fornirne utili chiavi di lettura. (Paolo Biribò - Regista)
Lo spettacolo è studiato per essere rappresentato anche in spazi non teatralmente convenzionali, con particolare riferimento, vista la tematica affrontata, a strutture ex-psichiatriche, teatri dolorosi della vita altra del Pazzo.
Con Enrico Dabizzi, Fulvio Ferrati, Lidia Giordano, Domenico Iaccino, Rossella Magnolfi, Marta Martini, Laura Torricini.Collaborazione artistica: Duccio Barlucchi. Progetto luci: Jean Paol Carradori. Direzione tecnica: Lorenzo Castagnoli. Organizzazione: Eugenia Saint Pierre. Comunicazione: Giulia Calamai.
L'importanza di essere Franco
II Teatro d'Almaviva presenta L'importanza di essere Franco: commedia frivola per persone seriose tratta da "L'importanza di chiamarsi Ernesto" di Oscar Wilde.
Oscar Wilde, ai suoi tempi inimitabile e ricercato alfiere d'un umorismo caustico ed irresistibile, è un campione del teatro brillante, e "L'importanza di essere Franco" un gioiello di comicità raffinata e tagliente.
Si dileggia con irriverente ed esilarante sarcasmo l'alta società e la cultura vittoriana, in un mirabile affresco di prototipi umani e sociali ed una straordinaria fabula narrativa.
Attorno all'irrinunciabile nome di Ernesto (o, come nel nostro allestimento, Franco), si snoda una vicenda con i connotati del salottiero, del giallo, del sarcasmo verso il perbenismo di facciata e le "buone maniere", in una sequenza di gaie e geniali vuotezze e colpi di scena gustosi ed imprevisti.
Con Roberto Cacini, Giulia Calamai, Fulvio Ferrati, Lidia Giordano, Giacomo Nannini, Chiara Rossi, Fabio Rubino, Silvia Stacchini. Adattamento e Regia: Fulvio Ferrati e Duccio Barlucchi. Musiche originali: Emanuele Fontana. Scene e costumi: Susanna Ratschillere Gabrio Ciantelli.
Note di Regia: La rilettura del Teatro d'Almaviva traspone la vicenda sulle colline della Firenze di fine anni '60, un'epoca di colorata apparenza da boom economico, paragonabile al formale ed estetico contesto wildiano. Inoltre tutti i protagonisti son ribattezzati con cognomi da cani (Contessa Pittbull, Sig. Pointer, sig. Setter, Signorine Bracco, Cocker, Snautzer) in un'impertinente allegoria con il loro continuo abbaiarsi e scodinzolare, ringhiarsi e mordicchiarsi a vicenda, ma, alla bisogna, tutti uniti nell'assoluta fedeltà alle regole del comune padrone, un effervescente e vuoto Bon Ton.
L'Amore è Cechov
II Teatro d'Almaviva presenta L'Amore è Cechov, in 2 atti scherzosi, liberamente tratto da "La domanda di matrimonio" e "L'orso" di Anton Cechov.
Cechov è autore noto soprattutto per opere di grande intensità drammatica, ma le sue creazioni nel genere comico/umoristico non fanno certo sfigurare il commediografo nel confronto col drammaturgo.
Vari suoi atti unici (scherzi, come l'autore li definì) sono infatti mirabili affreschi di comportamenti, mentalità e costumi dell'epoca.
Cechov esplora in modo esilarante, ma non per questo gaio, piccole vite di piccoli esseri umani sperduti nell'immensità della campagna russa e delle proprie frustrazioni, coniugando presa di giro ed amarezza, senza dare vie d'uscita o riscatto, condannando ogni stupido alla sua stupidità.
Note di regia: sia "La domanda di matrimonio" che "L'orso" si svolgono con lo stesso schema. Il tema è l'amore difficile, ruvido, interessato o negato, intempestivo. Il contesto ambientale è rurale benestante, coi suoi valori legati alla terra, alla proprietà, all'orgoglio, con atmosfere domestiche claustrofobiche in cui, che si sgranino piselli o si coltivi un lutto frustrato, l'irrompere di un visitatore esterno provoca sconquasso, turba una fragile pace, scatena aggressività e passioni, lotta per la propria supremazia tramite il dispregio dell'altro. I protagonisti sono infatti illustrati nei dettagli delle proprie nevrosi, piccolezze, eccessi e manie, in uno sviluppo drammaturgico ricco d'impennate e colpi di scena.
"L'Amore è Cechov" è spettacolo brillante ed intenso al contempo, in cui l'umorismo è venato dal riverbero della bizzosa malinconia dei personaggi, talmente seriosa da divenire comica. La rilettura che il Teatro d'Almaviva propone è incentrata sulla rotazione di 10 interpreti che si avvicendano nei tre ruoli previsti da ognuna delle opere, dando luogo ad una gustosa passerella d'interpretazioni dei prototipi umani descritti dall'autore.
L'impianto registico sottolinea i vari passaggi emotivi e psicologici dei personaggi attraverso quest'inatteso avvicendarsi, cogliendo lo spunto per trovate sceniche che prevedono in certi punti la presenza contemporanea di tutti gli interpreti.
Scene e costumi disegnati da Antonio Musa sottolineano i percorsi d'attrazione/repulsione e di ridicole conflittualità relazionali, in atmosfere cangianti dipinte dalle luci di Jean Paol Carradori. Questa nuova produzione del Td'A è stata anche l'occasione di avvalersi della collaborazione e consulenza artistica di Marco Toloni, attore con Luca Ronconi, Mauro Avogadro, Cesare Lievi, Teatro dell'Elfo.
Con: Duccio Barlucchi, Marinella Becucci, Enrico Dabizzi, Fulvio Ferrati, Lidia Giordano, Domenico Iaccino, Rossella Magnolfi, Marta Martini, Silvia Stacchini, Laura Torricini. Adattamento e regia: Duccio Barlucchi. Scene e Costumi: Antonio Musa. Coordinamento tecnico: Roberto Cacini. Disegno luci: Jean Paol Carradori. Organizzazione: Lidia Giordano. Consulenza artistica: Marco Toloni. Riprese video e grafica: Studio Vrisak.
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